Crociere: «Il prezzo resta troppo basso»
La domanda continua a crescere, i cantieri sfornano ancora molte nuove navi spettacolari. Ma i prezzi restano troppo bassi per tutto il prodotto, e tra i consumatori circolano confusione e malintesi sulle vacanze in nave.
Lo hanno detto praticamente concordi gli uomini al vertice dei quattro maggiori gruppi internazionali – Pierfrancesco Vago di MSC, Kevin Sheehan di Norwegian, Richard Fain di RCCL e Arnold Donald di Carnival – riuniti sul palco del Beach Convention Center di Miami per parlare dello “Stato dell’industria globale” nella trentesima Cruise Shipping Miami, la massima fiera internazionale delle crociere.
Padiglione italiano
La rassegna cresce insieme all’industria: si parla di oltre il 30% di visitatori in più per l’area espositiva e per la convention, rispetto agli oltre 11mila della passata edizione. Oltre 900 gli espositori, 140 in più, in arrivo da 127 Paesi: per la gran parte fornitori delle compagnie e porti. Nel padiglione italiano numerose autorità portuali, imprese della logistica e della cantieristica, con grande visibilità per Fincantieri.
La ‘bugia’ sulle regole
Pesa sulle crociere anche «la bugia mitica e ripetuta», come l’ha definita Fain, per la quale malgrado le norme internazionali e locali sempre più restrittive sulla sicurezza, incluse quelle che l’industria si è data da sé negli ultimi anni «il nostro business sarebbe del tutto privo di regole». E tuttavia vista l’importanza degli incidenti occorsi negli ultimi anni, la sfida di conquistare ancora nuovi crocieristi si profila molto impegnativa. «Del resto si sa, quando tutto va bene di crociere non si parla – ha considerato Sheehan – quando qualcosa va storto tutti ne vogliono parlare». E peraltro degli incidenti si è molto parlato «anche perché – ha sottolineato Fain – nel nostro settore sono stati sempre eventi molto rari».
«Comunicare, stupire gli ospiti»
Dunque anche per le crociere «il trucco è di comunicare al meglio» – ha detto Arnold Donald – e soprattutto di raggiungere coloro che in crociera non sono ancora andati mai. «Dobbiamo lasciare stupefatti i nostri ospiti, perché sono loro i nostri migliori testimonial, e perché sappiamo dare loro vacanze piene di gioia».
E del resto pare che proprio in termini di comunicazione gli incidenti degli anni scorsi – da Concordia alle navi bloccate sugli oceani senza elettricità e servizi – ricadendo di fatto sull’intera industria abbiano innescato per tutte le compagnie un vero balzo evolutivo. «Siamo un’industria sexy – ha scherzato insistendo sul concetto Pierfrancesco Vago – che richiama un’attenzione enorme».
Tariffe ferme da 20 anni
Il dato positivo è che le crociere si sono dimostrate saldamente resistenti a ogni nuova turbolenza, dalla recessione agli incidenti. «Ma mentre il nostro prodotto contiene un valore altissimo per il consumatore questo non si trasferisce nel business – ha protestato Sheehan – non ci sono stati aumenti effettivi dei prezzi almeno da 20 anni». Mentre ora con la ripresa americana, l’avanzata delle economie emergenti, la ripresa dell’immobiliare «ci sono opportunità di recupero, magari dopo un periodo di calma per capitalizzare il messaggio delle nuove navi in arrivo. Perché alla fine – ha notato Sheehan – siamo tutti soggetti al giudizio dell’opinione pubblica. Se riuscirà a non fare troppo notizia questa industria prospererà».
«Trasparenti e proattivi», sui social
«Che l’industria sia resistente lo dimostra il nostro progresso del 4% per tutto il periodo di crescita zero dell’economia» ha notato Vago, sottolineando tra i punti di forza proprio la capacità delle crociere di autoregolarsi con rigore, e in forma anche più restrittiva rispetto alle richieste delle istituzioni nazionali e internazionali: «Siamo globali e agiamo localmente, ma ora dobbiamo fare un passo avanti, dobbiamo essere trasparenti e proattivi. E per questo possiamo cogliere l’occasione dei social media, per comunicare meglio con un’audience più ampia».
Nel frattempo le crociere contribuiscono massicciamente alle economie locali: «Paghiamo molte tasse in tutto il mondo – ha detto Fain – e questo va benissimo. Ma sia chiaro che qualsiasi modifica del regime fiscale sulle crociere potrebbe avere immediati riflessi sull’occupazione. Negli Stati Uniti ci dicono che in nostri ricavi non fanno abbastanza bene al Paese, proprio mentre da noi dipendono 325mila posti di lavoro americani».
.
.
Iscriviti alla Newsletter del Dream Blog Cruise Magazine!