Costa Concordia, la deposizione di Schettino: “Disastro nato da una stupidata”

Al teatro Moderno è terminata la prima parte dell’interrogatorio all’ex comandante della nave, udienza aggiornata a mercoledì 3.

Vicino all’isola per motivi commerciali: con quella navigazione presi tre piccioni con una fava”.

Sui tour in plancia di comando: “Costavano 70 euro, mi portavano anche 20-30 persone alla volta”

E’ iniziato alle 10,13 l’interrogatorio di Francesco Schettino, sedutosi sul palco del teatro Moderno per rispondere alle domande della Procura. Il comandante non ha acconsentito a farsi riprendere: la sua immagine non verrà diffusa in tv, resta solamente la sua voce. Una bottiglia d’acqua, alcuni fogli con sé. L’imputato si versa da bere subito e risponde alle domande del sostituto procuratore Alessandro Leopizzi, che si aiuta con la proiezione di documenti, foto e tracciati e che è presente insieme ai colleghiMaria Navarro Stefano Pizza. Si aggiunge anche il procuratore capoFrancesco Verusio. In aula, come spettatore, anche un altro magistrato di via Monterosa, Marco Nassi.

18.10. Il presidente dà lo stop all’udienza, aggiornandola a mercoledì 3, anche se il comandante aveva annunciato che sarebbe potuto andare avanti, nonostante il parere contrario del suo difensore Domenico Pepe (“lo conosco, finiamola qui”). Negli ultimi minuti, a Schettino viene chiesto come mai – se davvero era stato scrupoloso nell’applicazione del diagramma di flusso della gestione dell’evento – aveva saltato alcuni passaggi, chiamando ad esempio solo l’Fcc Roberto Ferrarini: “Sì, ma solo perché dovevo valutare cosa era successo. Dissi “chiamo solo te” perché agli altri ci avrebbe pensato lui”. In quella telefonata delle 21.56 lei come era? “Imbarazzato nei confronti dell’azienda, avevo cercato di mitigare l’imbarazzo dicendo che era stato Palombo a dirmi di passare sotto. Avevo riassunto male”. All’epoca non disse di chi era la colpa: “Non era il momento, nella vita ci sono priorità”. Ma lei come stava? “Ero tramortito, dissi “sono morto” l’avete sentito. Credo di essere stato lucido. Io sono addestrato a essere lucido. Se non ci fosse stato quel maledetto errore, l’urto sarebbe stato nella poppa”, spiega rivendicando la paternità della manovra evasiva.


Nelle immagini dei vigili del fuoco, che la procura di Grosseto ha allegato ai nuovi atti del processo depositati, si vede Francesco Schettino, in giacca e cravatta, in un punto di imbarco su una scialuppa della Costa Concordia. Schettino, invece, ha più volte dichiarato di essere scivolato nella scialuppa per evitare di rimanere sotto la nave

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17.40. Agli atti della Procura c’è un video amatoriale, girato dallo scoglio della Gabbianara, nel quale compare il comandante Francesco Schettino mentre staziona davanti a uno dei cancelli di imbarco di una scialuppa sul lato destro della Concordia, la notte del naufragio. E’ in cravatta, con giacca o giaccone (il video, girato con un telefonino, non è di alta qualità). Il video completo dura circa 3’40”, ne sta circolando un estratto. L’obiettivo inquadra prima la zona dove si trova Schettino e poi si sposta verso prua, inquadrando due persone che si affacciano dall’ingresso di un’altra scialuppa.

Francesco Schettino17.30 Udienza ripresa dopo una breve pausa e con annuncio del presidente Puliatti che andrà avanti per un’altra ora al massimo: dopo, se ne riparlerà domani. Pomeriggio comunque meno frizzante del mattino. Il pm Leopizzi contesta il mancato rispetto del ruolo di appello per Iaccarino, che sarebbe dovuto essere destinato ai calcoli Napa: “Iaccarino non era l’unica scienza che era sulla nave. Il ruolo di appello non è un limite al pensiero. Io non conoscevo il ruolo di appello per lui”, risponde Schettino, che precisa che comunque qualsiasi primo ufficiale sarebbe stato capace di fare quei calcoli.

16.40. Nella seconda conversazione con Pilon delle 21.49 emerge la comunicazione che l’acqua è arrivato al quadro elettrico: lei se la tiene per sé, Schettino, lei si lamenta di essere stato circondato da un coro di mummie e questo non lo dice, osserva l’accusa: perché? “Ma non è vero – obietta Schettino – Io parlavo ad alta voce, chi era vicino ha capito. Bisognava capire dove era lo squarcio”. Obietta Leopizzi: ma non era grave l’affermazione “stiamo andando a fondo” detta da Pilon? Il sostituto definisce come “una battuta infelice” quella con la quale Schettino aveva definito il damage control booklet un “manuale delle giovani marmotte”.

16.00. “Le scialuppe possono diventare un’arma pericolosa quando devono imbarcare 150 persone. Io avevo incrementato apposta le esercitazioni”, dice Schettino quando il pm gli chiede spiegazioni sulla preparazione dell’equipaggio. Il comandante difende il suo operato sia quando ricostruisce di aver consentito che non si attivasse la centrale operativa (“in sala macchine era sceso il comandante in seconda!”) sia per la mancata nomina di un portavoce che tenesse le comunicazioni con la terra e permettesse di concentrarsi sulle operazioni (“Quella sera fu deciso così. Oggi, vedendola col senno di poi…”)

15.30. Riprende l’udienza e il pm Leopizzi focalizza l’attenzione sulle procedure di contrasto all’allagamento, facendo ascoltare di nuovo la conversazione tra il direttore di macchina, Giuseppe Pilon, e lo stesso Schettino. “Non mi ero accorto dell’entrata d’acqua, avevo soltanto sentito una vibrazione”. Il comandante ha illustrato gli strumenti di aiuto alle decisioni, come il Napa per il calcolo della stabilità. Nel booklet è scritto che la Concordia “rispetta la stabilità in caso di danni al massimo a due compartimenti stagni contigui”. Ma Schettino ha contestato la validità di alcune affermazioni contenute nel libretto controllo danni e nel certificato rilasciato da Fincantieri ai finiSolas. Fa testo a suo giudizio il fattore di compartimentazione di 2,6 (dunque né due né tre compartimenti allagati). “Se galleggia, la nave è il posto più sicuro dove tenere  i passeggeri”

14.10. La ricostruzione della Procura arriva al momento fatale dell’urto contro lo scoglio, dopo essere passata attraverso la richiesta di spiegazioni sulle parole del comandante nei momenti immediatamente precedenti e di nuovo su quelle di Ambrosio in caserma. Arriva a quelle 21.44 in cui si percepisce  la vibrazione e suonano gli allarmi. “Madonna c’aggio cumbinato!”. Il presidente sospende l’udienza per la pausa pranzo.

13.45. “Avevo avvertito visivamente il pericolo. Ho visto il  radar. Ho ordinato starboard twenty per una manovra evasiva, che doveva prevalere sul fatto che tutti si stavano zitti. Ho preso il rischio  di mettere il timone tutto a dritta, perché questa è una manovra che non si fa, se uno lo ordina”, spiega Francesco Schettino. Lo scoglio vicino al quello preso dalla nave era segnalato? “Sì”. Perché disse no all’epoca dell’interrogatorio? “Sempre per quello che mi disse Ambrosio nelle conversazioni intercettate, mi disse che non c’era nulla da scansare. O siamo una banda di kamikaze, o l’ufficiale mi sta dicendo una bugia oppure abbiamo preso un sottomarino”.  Ma lei era al radar e vedeva che era a 0,28 dalla costa? “Io quello 0,28 che mi veniva detto non l’ho mai potuto verificare, nella videata radar che mi state mostrando non c’è scritto da nessuna parte”.

13.30. Il momento dell’impatto si avvicina, nella ricostruzione del pm. Ma quando lei aveva visto che il timoniere aveva sbagliato per due volte gli ordini, non ritenne opportuno sostituirlo? “Mi era capitato una cosa simile al porto di Malta. Bisogna vedere le circostanze. Non mi immaginavo che eravamo lì, così vicino, altrimenti l’avrei sostituito”. Non ritenne di dover fare verifiche sulla posizione della nave? “Spesso la soglia di allarme sono gli altri. Non voglio dare la colpa, solo spiegare”. Perché aveva chiesto a Tievoli “dove dobbiamo passare”? “Perché volevo sapere dove avrei dovuto dare i fischi di saluto”. E perché aveva preso il binocolo? “Per abitudine, non perché non mi fidavo del radar. C’erano gli ufficiali a guardare il radar”.

13.10. Ancora sulla questione vedetta. “La vera vedetta era il radar”, vorrebbe tagliar corto Schettino. “Serve un servizio di lookout (vedetta, ndr) se il marinaio viene spostato al timone a mano. Predisporlo toccava ad Ambrosio, ma già prima”. Il comandante insiste sulla mancanza di comunicazioni in plancia: “Come si fa a non parlare quando lo scoglio è di prua? E’ gente di una certa esperienza, quando c’è un problema si parla”. Schettino spiega anche di aver mentito, ma non volontariamente, quando interrogato dal gip aveva cercato di dare prima di tutto a se stesso una spiegazione sull’impatto: “Ho riferito dati che mi erano stati forniti sbagliati, quando in caserma a Orbetello avevo parlato con Ambrosio”. Anche con il comando intestato, Schettino a suo giudizio poteva tranquillamente stare al finestrone contando sull’ausilio dello staff, “Quando mi sentirono dire “altrimenti andiamo sugli scogli” mi dovevano dire “Comandante, già siamo sugli scogli”.

Francesco Schettino12.50. Ma lei, Francesco Schettino, ci vede bene o no? L’accusa pone la domanda a proposito di quanto accaduto in plancia, quando il comandante si era avvicinato al radar, che era in modalità notturna: “Io lo preferivo in modalità diurna, vedo meglio il contrasto,preferivo una luminosità diurna abbassata piuttosto che una notturna a tutta luce”. Il sostituto Leopizzi incalza: “Quella notte vedeva bene o no il radar? Lo vedevo bene ma l’ufficiale me lo lasciava settavo come preferivo io”. La Procura insiste: nella causa di lavoro lei ha detto “non vedo bene in modalità notturna”. “Sì – ammette alla fine Schettino – ma solo per le manovre”. Porta gli occhiali? “Ho le lentine a contatto. Sono idoneo alla navigazione, per l’età che ho. Le lenti ce l’avevo quella sera e vedevo il radar”.

12.40. E’ il momento in cui Schettino prende il comando “the master take the conn”. Il comandante spiega che in quella come in altre circostanze, se chi tiene la rotta ha dei dubbi deve manifestarlo. Perché non chiese niente ad Ambrosio? vuola sapere il pm. “Perché credevo di essere molto più distante dalla costa e poi perché Ambrosio era in progressione numerica”, cioè stava eseguendo la manovra. “La nave era fuori rotta per motivi di tempo, di 4 minuti. Se non avessi visto quella benedetta schiuma, chi parlava in plancia? Il mutismo generale mi ha tratto in inganno”. E Schettino ha ammesso di essersi “forse confuso sulla posizione guardando il radar. L’ho guardato in modo fugace”.

12.00. Che senso aveva chiedere a Palombo se c’era acqua sotto, a 0,4-0,3 miglia di distanza, chiede il pm? “Era un dialogo di cortesia. Rimasi male sapendo che Palombo non era sull’isola. Io ero contento di passare anche a 0,2 dal Giglio. Il problema è che non eravamo nemmeno a 0,2, stavamo salendo…”. La telefonata a Palombo poteva essere elemento di distrazione per l’ufficiale di guardia? “Ma io mi ero spostato a sinistra, verso Tievoli che aveva chiamato Palombo. E poi non era una musica, ho parlato trenta secondi e ho messo giù”. Il presidente sospende il processo per una pausa.

11.40. “Io volevo due marinai insieme agli ufficiali, in plancia. Perché se la vedetta passa al timone, non c’è più vedetta. Già dal 2007 avevo fatto questa richiesta, ma non mi risposero mai”. Secondo Schettino la vedetta poteva essere fatta da altri ufficiali, Ursino o Coronica: “Ma ciò doveva essere oggetto di chi consegna la guardia. Il comandante non è guardia, è un valore aggiunto. Ma non mi sono accorto che non c’era la vedetta perché ero al telefono con Palombo”. Secondo Schettino, la velocità di 15,5 nodi era di sicurezza (“per una nave di quel genere, con quel timone, anche 20 nodi è velocità di sicurezza”): “non era adeguata per fare il fischio”, il saluto all’isola.

11.20. Lei arriva in plancia e chiede la velocità (15,5 nodi): perché? “Per vedere se la nave era a regime, non per assumere il comando”. Ma quando dice “timone a mano” era una domanda o un ordine? “Timone a mano e lui capisce… Quante volte dovevo ripeterlo? Era un reminding”. Un suggerimento, osserva Leopizzi che poi chiede di far sentire un’intervista in cui si chiede a Schettino di una sua “distrazione” in plancia, sollevando l’opposizione dei difensori (“l’intervista non è un documento”, dice l’avvocato Donato Laino). L’intervista viene fatta sentire dal presidente Giovanni Puliatti, ma solo per basare una domanda. Dire a Ciro Ambrosio “timone a mano” poteva generare distrazione nell’ufficiale di guardia o poteva credere che stesse per essere rilevato? “Se con il mio comportamento ho generato un dubbio a una persona adulta, lui doveva essere in grado di manifestarlo. E comunque quel dubbio non mi è venuto”. Schettino aggiunge: “Non si creda che io non abbia tormento per questa stupidata. Bastava parlare e dire…Io ho cercato di giustificare anche gli altri…”

11.00. “Non aveva senso fare il passaggio al Giglio con il maitre che era ancora al ristorante”, dice il comandante spiegando le modalità dell’avvicinamento all’isola. Non era per fare un favore a Domnica Cermotan? chiede il pm: “No”. In plancia gli ospiti erano la hostess moldava, che era stata a cena con Schettino al ristorante Milano, ma anche Tievoli, Onorato e Giampedroni. “L’accesso non era regolamentato. I passeggeri potevano fare anche i tour, con 50-60 euro. Io non volevo più di 12 persone – invece mi volevano portare 40-50 persone – e far fare i tour quando la nave era in porto. Ma per i passeggeri non era sufficientemente attrattiva”.

10.50. “Al ristorante Milano credo di essere andato intorno alle 20.30. Avevo chiesto di essere avvertito 5-6 miglia prima del punto all’altezza del porto”. Aveva cercato il suo cellulare? “Sì, ora ricordo di averlo lasciato in plancia. Era il mio, non quello della nave”. Ma secondo le regole poteva distogliere il personale di guardia per cercare un cellulare, anche se del comandante? “Non credo che fecero una caccia al tesoro per cercarlo! Se l’hanno fatto squillare, non credo che l’abbiano cercato per mezzora”. Schettino ha evidenziato anche che sulla carta in dotazione, la 6, lo scoglio delle Scole era evidenziato e che quando è necessario passare alla navigazione a mano lui dà ordine – “è il mio ordine per tutti, sempre” – di far familiarizzare il marinaio (“allenarsi”) almeno mezzora prima.

10.40. “La nave era in classe. Non aveva difetti che impedivano alla Concordia di navigare. Nessuno mi ha notificato anomalie per il radar, ma la Concordia poteva navigare anche con uno solo. Nessun problema al Vdr”. Così Schettino a proposito della partenza da Civitavecchia. E Costa sapeva della modifica della rotta? “Innanzi tutto non era un’offerta commerciale. E poi passaggi sotto costa sono sempre stati effettuati. Non c’è obbligo di informare l’armatore in casi del genere, perché era solo un’accostata e non avvisai nessuno. Se la nave dovesse fermarsi o fare una navigazione turistica, allora sì”

10.13 La prima domanda del sostituto procuratore Alessandro Leopizzi è sull’avvicinamento al Giglio della sera del 13 gennaio 2012: fu un piacere adAntonello Tievoli? il maitre originario dell’isola. “Abbiamo preso tre piccioni con una fava”, riassume intendendo che furono omaggiati Tievoli e l’ex comandante Mario Palombo e che c’erano aspetti commerciali di cui tenere conto, sia per l’isola, sia per i passeggeri. Una risposta che non ha convinto il pm, soprattutto per quanto riguarda lo spettacolo del Giglio per i passeggeri, a quell’ora della sera d’inverno: “Vedevano solo un’ombra nera?”

9.35. Una dozzina di spettatori in sala, giornalisti appostati all’entrata posteriore (quella per l’imputato) ma anche a quella principale, pubblici ministeri già presenti, giudici che aspettano soltanto che arrivi lui. Sono le 9.35 e Francesco Schettino è appena arrivato all’udienza (ufficialmente chiamata per le 9) di cui sarà esclusivo protagonista. E’ il giorno del suo interrogatorio e l’evento ha richiamato un buon numero di testate, al di là di quelle che abitualmente si sono seguite tutte e 51 le udienze (questa del 2 dicembre è la 52a) del procedimento per il naufragio della Concordia.

Assente da due mesi a questa parte – mentre prima era stato sempre puntuale nelle presenze in aula – il comandante si farà interrogare dai pubblici ministeri che hanno seguito l’inchiesta sul naufragio della Concordia. E sarà un evento lungo. E anche se Schettino non vorrà farsi riprendere – coerentemente con quanto richiesto dall’inizio del processo – è inevitabile che le sue parole faranno il giro del mondo.

Schettino è comunque un personaggio. Lo era prima dell’impatto con lo scoglio delle Scole, e del resto la sua capacità di relazionarsi con i passeggeri era una caratteristica che distingueva il comandante della più grande nave della flotta Concordia. Lo è rimasto anche dopo la tragedia del 13 gennaio 2012, sia con i suoi silenzi sia con le sue parole.

A Schettino verrà chiesto di parlare di tutto, probabilmente cominciando proprio dalle operazioni eseguite prima della partenza da Civitavecchia, quando venne tracciata quella rotta maledetta. La linea difensiva, e in particolare le parole del suo imputato, sono note da tempo: Schettino non si sente l’unico responsabile, crede che il dibattimento abbia fatto già luce, a suo favore, su alcuni aspetti. Adesso tocca a lui. Riflettori accesi.

 

Fonte: Il Tirreno

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