Costa Crociere, 100 posti a rischio, i lavoratori pronti a bloccare le navi
I sindacati: «Stop al piano o sarà guerra aperta». Da Aida altri 100 trasferimenti ad Amburgo
I fischi in piazza, gli striscioni che sbeffeggiano la pubblicità inneggiante all’italianità di Costa Crociere (“Perché dire Amburgo se puoi dire Genova?”), le urla contro un top manager a passeggio per le strade della città – «Ad Amburgo vacci tu!». E infine la minaccia dei sindacati: «Fate marcia indietro, oppure siamo pronti a tutto. Anche a bloccare le navi a Savona». Non era mai successo nella storia recente della compagnia genovese che i lavoratori scioperassero. È successo ieri nell’avvio di quella che potrebbe essere l’inizio di una lunga stagione di conflittualità tra la compagnia e i suoi lavoratori italiani. È considerato inaccettabile il piano che prevede il trasferimento da Genova ad Amburgo di quattro dipartimenti che, a Genova, impiegano 166 persone. Insopportabile per il merito del provvedimento e per il modo con cui è stato annunciato dall’amministratore delegato Michael Thamm, con un discorso in inglese che mette in dubbio le professionalità italiane. Ma c’è di più: dietro il trasferimento, i lavoratori intravedono il rischio di fino a cento esuberi. E quindi l’avvio di un processo che porterà la compagnia marittima definitivamente e completamente via da Genova. È questo il timore, anche se ufficiosamente trapelano rassicurazioni sul fatto che Costa rimarrà a Genova.
Inizia a muoversi anche il governo, con il ministro Maurizio Lupi che, in una telefonata al presidente del porto Luigi Merlo, dice di aver capito la gravità del problema e assicura «il massimo impegno per affrontare la situazione».
«Il nuovo ufficio che nascerà ad Amburgo – spiegano i lavoratori a colloquio con il sindaco Marco Doria, dopo una manifestazione nel centro della città – sarà il risultato della fusione di quattro divisioni genovesi e di altri lavoratori provenienti da Rostock (dove ha sede la controllata tedesca di Costa, Aida, ndr). Noi siamo 160, i lavoratori di Rostock altri cento. Difficilmente ad Amburgo ci sarà posto per più di cento persone». Non a caso Michael Thamm, a colloquio con i lavoratori, ha parlato di una domanda che deve presentare ogni lavoratore per chiedere il trasferimento, specificando che le persone verranno selezionate tenendo conto delle competenze e delle performance. Chi non va ad Amburgo sarà ricollocato – dove possibile – oppure incentivato all’uscita. C’è paura di licenziamenti. Una doccia fredda da parte di un’azienda che, fino a pochi giorni fa, negava di avere un piano già pronto. E invece giovedì sono partite le lettere che avviano la procedura di trasferimento di ramo d’azienda, anche se per l’azienda si tratta semplicemente dell’avvio di un confronto. Secondo i sindacati, invece, dalla consegna delle lettere, ci sono sette giorni perché gli interessati forniscano una risposta e 25 per chiudere la procedura. «Non possiamo discutere con questa ghigliottina, l’azienda ritiri la procedura di trasferimento» chiede al tavolo con il sindaco, e poi con gli assessori regionali Enrico Vesco e Raffaella Paita, Giacomo Santoro, segretario generale Filt Cgil. Al suo fianco i leader sindacali cittadini di Cisl e Uil (tra gli altri Ettore Torzetti e Pierangelo Massa), ma anche il parlamentare Mario Tullo (Pd). L’appello è subito fatto proprio dalle istituzioni locali. «Chiediamo a Costa Crociere, nel rispetto della propria autonomia, la sospensione della procedura formale di trasferimento di ramo d’azienda». La richiesta «è motivata dalla constatazione che Costa Crociere ha conseguito positivi risultati economici e non si trova in una situazione di crisi» dichiara ai media il sindaco. A ruota si muove la Regione che, con gli assessori Vesco e Paita, parla di «affronto per la città».
Ma le risposte da parte dell’azienda tardano ad arrivare. Le istituzioni locali sanno di avere poco peso specifico nei confronti della decisione di una multinazionale. «Siamo di fronte a una società che non ha nessun tipo di affetto, attaccamento per questa città», si sfoga Doria, lontano dai microfoni. «Piuttosto, chiediamo l’intervento del governo, servirebbe un incontro tra il premier Matteo Renzi e Micky Arison» (il numero uno di Carnival, ndr). Alle tredici, lo sciopero è già chiuso. I lavoratori tornano nella sede di Piazza Piccapietra dove sventola la bandiera gialla e blu della compagnia. Accanto a quella italiana che, ieri, sembrava un po’ una beffa.
Fonte: The Medi Telegraph
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