Onorato: «Così Msc sfida il mercato cinese»
Pochi minuti dopo la mezzanotte di ieri MSC Lirica è entrata nel bacino Fincantieri di Palermo. Quando, fra poco più di due mesi, sarà riconsegnata al suo proprietario allungata e rinnovata, sarà la prima nave “cinese” della compagnia fondata da Gianluigi Aponte. E non solo perché dal prossimo anno sarà posizionata in Cina. «Abbiamo ripensato e parzialmente ridisegnato la nave sulla base delle richieste della clientela asiatica», spiega al Secolo XIX Gianni Onorato, amministratore delegato di Msc. «Un esempio? Ci saranno meno spazi all’aperto, perché i cinesi non sono grandi amanti del sole. Aumenteremo le aree destinate a ristorazione e shopping, cambieremo la segnaletica, introdurremo nuovi spazi per l’intrattenimento. Non tralasceremo nulla di ciò che il cinese si aspetta in vacanza, senza snaturare la personalità mediterranea dell’ambiente. Un terzo del personale di bordo sarà di nazionalità cinese».
La Cina non sembrava una vostra priorità. Quando avete preso questa decisione?
«Il mercato cinese lo seguiamo attentamente dal 2010, quando abbiamo iniziato a collaborare con Caissa Touristic, un’azienda specializzata nei viaggi outbound dei cinesi. Negli ultimi anni abbiamo notato che i numeri stavano diventando davvero importanti. La decisione di accelerare l’abbiamo maturata a gennaio. Caissa ci affiancherà per due anni in questa iniziativa, sia nelle vendite che nella comunicazione».
Qual è l’obiettivo del primo anno in Cina, per Msc?
«Portare a bordo 120.000 persone. La nave resterà in Cina, non la sposteremo su Singapore o in Australia come fanno altre compagnie: abbiamo in catalogo 56 crociere, con itinerari che vanno dai quattro agli undici giorni. La nostra sarà una presenza costante».
Imbarcherete solo cinesi o anche passeggeri di altre nazionalità?
«Per il momento abbiamo scelto di concentrarci sulla clientela cinese. Se vogliamo essere un’azienda globale, non possiamo ignorare questo mercato. Ma per i non-cinesi c’è sempre il Grand Voyage: la Lirica partirà il 3 marzo da Rio de Janeiro con destinazione Shanghai. Per gli europei c’è la possibilità di imbarcarsi a Genova: trentacinque giorni dopo, il 1° maggio, la nave arriverà in Cina».
Stati Uniti, Cuba, Cina: Msc sta puntando molto sul mercato globale. Vi preoccupa ciò che sta accadendo in alcune zone del Mediterraneo?
«Il Mediterraneo è ancora l’area più importante, per Msc, quella che ci ha consentito di raggiungere la leadership europea. È vero: siamo stati costretti a cancellare la Tunisia dopo gli attacchi terroristici. Ma continuiamo a essere presenti in Turchia, che è una meta richiestissima. Probabilmente nel 2016 la nostra presenza nel Mediterraneo sarà ridotta, ma solo perché abbiamo investito su altre aree. In Cina e a Cuba, per esempio. Poi, se vogliamo dirla tutta, ci sono situazioni che danno fastidio come quella di Venezia. Ma vogliamo sperare che in questo caso la soluzione sia vicina».
Come sta procedendo la collaborazione con Fincantieri?
«Siamo molto soddisfatti: la Seaside è una nave davvero fantastica, Fincantieri ha fatto un gran lavoro. Ma devo dire che il progetto Rinascimento (l’allungamento e il refitting di quattro navi della flotta Msc, ndr) è stato una grande opportunità anche per loro. Le navi sono piaciute moltissimo».
Il 2015 è stato un buon anno, per l’industria crocieristica?
«Non ci possiamo lamentare. Lo definirei l’anno del rammarico».
In che senso?
«Nel senso che poteva essere un anno eccellente, ma non lo è stato per fattori esterni. Per Msc, comunque, è stato un buon anno».
Il mercato italiano vi ha deluso?
«No, al contrario: gli italiani hanno confermato l’affetto per il nostro marchio, e di questo siamo molto orgogliosi».
Per l’anno prossimo dobbiamo aspettarci novità sul fronte dei porti scalati da Msc?
«Nel 2016 avremo un oggettivo problema di capacità, e dovremo necessariamente rinunciare a qualcosa. Anche a porti che si sono comportati bene con noi. E’ il caso di Brindisi, dove abbiamo lavorato benissimo: contiamo di tornare nel 2017. Un altro esempio è Cagliari, dove per forza di cose ridurremo la nostra presenza. Del resto la capacità non è infinita, e i cantieri più di quattro-cinque navi all’anno non possono costruire».
Potete sempre pensare a qualche acquisizione…
«Con il programma che abbiamo varato è impossibile parlare di acquisizioni. E poi, mi dica lei: esistono compagnie in vendita?»
Nessuno può dire il contrario.
«In ogni caso, per un’azienda familiare come Msc è preferibile fare crescere la flotta, piuttosto che comprare brand. Ed è esattamente quello che stiamo facendo».
Fonte: The Medi Telegraph
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